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La storia

La vita della Fondazione San Matteo – Insieme contro l’usura vissuta e narrata da chi, assieme ad altri, ha contribuito alla sua nascita, e poi nel tempo alla sua gestione.

 

I preliminari.

Il quotidiano “La Stampa” di Torino del giorno dodici aprile 1994 riportava fra le altre notizie di cronaca anche quella relativa ad un intervento dell’Arcivescovo di Torino, Sua Eminenza Giovanni Saldarini, sul fenomeno dell’usura e titolava così l’articolo: “La Chiesa di Torino costituirà una fondazione per soccorrere le vittime degli strozzini e per diffondere la cultura antidebito. Lo ha annunciato ieri il Cardinale Saldarini”.

La SAN MATTEO è nata a seguito di quell’annuncio. L’argomento mi appassionò e decisi di inviare all’ Ordinario Diocesano di Torino un mio pensiero sul fenomeno. Non condividevo certe impostazioni di giudizio, commenti ed opinioni espresse in generale sul fenomeno ‘usura.’ Le strumentalizzazioni erano sempre eccessive. C’era la tendenza – che permane tuttora –  a creare un clima di allarmismo senza mai entrare nel cuore del problema. La mia sensazione, ma in effetti era una certezza, mi portava a pensare che tutti coloro che si interessavano del fenomeno, mi riferisco in particolare agli organi di stampa, non conoscessero in profondità il problema e lo usassero come mezzo per evidenziare fatti o situazioni che hanno aspetti contrari ai principi morali o sociali correnti e che destano l’interesse e la curiosità dell’opinione pubblica o di un determinato ambiente.

La mia esperienza personale, formata in quarant’anni di servizio in una grande ed importante impresa che gestisce finanza e flussi di denaro a livello nazionale ed internazionale, mi aveva convinto delle modestissime capacità gestionali relative all’aspetto finanza da parte dei piccoli commercianti, artigiani ed in generale di titolari di imprese di modeste dimensioni. Queste carenze, esponendo i soggetti interessati a situazioni contingenti o strutturali di rischiose carenza di liquidità, rappresentano poi il primo passo verso l’usura.

In una intervista di Maria Teresa Martinengo, apparsa sulla Stampa di Torino il venerdì nove settembre 1994, il gesuita Padre Massimo Rastrelli, Presidente della Fondazione antiusura ‘San Giuseppe Moscati’ di Napoli ed attualmente anche Presidente della Consulta della giornalista. “Contrarre un debito, in generale, significa evitare di assumersi delle responsabilità. Il consumismo ha persuaso che il debito sia l’alternativa al reddito. Mentre la mancanza di reddito deve orientare esclusivamente al reperimento del lavoro. Ci si deve rendere conto che il debito può solo essere pagato, è un obbligo morale. Per quanto riguarda le imprese, un prestito legale dovrebbe essere concesso se, su una valutazione di tre anni, si dimostrerà la validità finanziaria dell’impresa. In caso contrario il fallimento è il male minore.“

Le aziende di credito nel loro ruolo di supporto finanziario alle imprese di piccole, medie e grandi dimensioni hanno, nella preziosa collaborazione alla gestione della economia nazionale un peso determinante, e anche se talvolta non si dimostrano all’altezza del loro importantissimo compito, non possono essere chiamate a rispondere di responsabilità che a loro appartengono.

Le richieste di intervento finanziario, inoltrate alle banche, sono sovente tardive, presentate nel momento meno favorevole per essere accolte, allorquando la situazione di bilancio e di conto economico del richiedente è già in parte compromessa, evidenziando evidenti segnali di sofferenze reali o incipienti. L’imprenditore, gestore anche della finanza della propria azienda, prima di intraprendere nuove attività, dovrebbe avere ben chiari alcuni concetti di base: dimensioni future dell’azienda, previsioni sul giro di affari, disponibilità finanziare proprie o da acquisire con la collaborazione ed intervento di istituti di credito, dimensioni del magazzino, equilibrio dei flussi di cassa, che vuole intendere il rapporto fra tempi di incasso e di pagamento. Sono misure che se attuate con saggezza e responsabilità evitano il rischio di un futuro e pericoloso ricorso alla ricerca di denaro illegale, percorso che l’esperienza dimostra sempre e comunque negativo e che non consente mai, in termini quasi assoluti, il risanamento dell’azienda o del bilancio famigliare. La sola immissione di liquidità in una azienda con bilanci in difficoltà, non consente di ricuperare credibilità sul mercato, se non accompagnata da altri interventi utili a riequilibrare la gestione finanziaria, commerciale ed amministrativa. La mancanza di reddito non può mai essere sostituita dal ricorso al credito.

L’unico lettore di questa breve storia si chiederà a questo punto perché iniziare con queste premesse. Sono princìpi strutturali di base che, solo se condivisi dal futuro gruppo di lavoro, potevano consentire la mia partecipazione alla iniziativa a sostegno della cultura contro la ricerca del denaro facile ed illegale, fortemente voluta dalla iniziativa del Cardinale Saldarini. Con la profonda e ferma convinzione che solo la prevenzione, supportata dalla conoscenza delle elementari norme che regolano il mercato in generale, ed in particolare di quello finanziario, si può combattere il fenomeno dell’eccessivo ricorso al debito comunque considerato. Ovviamente, per quanto relativo alla iniziativa in fase di avvio, l’impegno primario risultò poi quello di dedicarsi alla cura ed al soccorso di chi già si trovava in difficoltà finanziarie e successivamente alla costruzione di una cultura antidebito e sull’uso responsabile del denaro.

Qualche tempo dopo l’invio della mia lettera al Cardinale, venni contattato dall’allora Direttore della Caritas Diocesana di Torino: don Sergio. Quel pomeriggio ero in Parrocchia, in quella posta vicino a casa mia, dedicata a Gesù Buon Pastore. Era stato recentemente inaugurato un Centro di Ascolto parrocchiale e con altri amici mi occupavo della sua gestione. Don Sergio mi cercò prima al telefono di casa, mia moglie dirottò poi la chiamata alla Parrocchia. Su incarico del Cardinale desiderava conoscere la mia eventuale disponibilità a collaborare all’iniziativa.  Accettai l’invito e concordammo un incontro. Non fu però il solo, qualche settimana dopo ne venne previsto un secondo, sempre nella sede dalla Caritas Diocesana. Eravamo una decina di persone, fra cui Padre Massimo Rastrelli, giunto appositamente da Napoli sua città di residenza. Fra i partecipanti anche alcuni di quelli che successivamente, davanti al notaio, firmarono l’atto costitutivo della Fondazione San Matteo. A quel tempo erano già attive alcune Fondazioni antiusura nate nell’ambito della chiesa cattolica, quella di Napoli, quella di Bari e quella di Roma.

L’atto venne redatto il giorno dieci del mese di ottobre dell’anno 1994, dal notaio Giancarlo Grassi Reverdini, nel suo studio in Torino nella via San Quintino al civico numero 10. Erano presenti dodici persone: due Sacerdoti don Sergio e don Renato, un diacono Roberto bancario, allora ancora in servizio, due dirigenti d’azienda, tre liberi professionisti: Marco, Sergio e Piero, due pensionati Alessandro ex dirigente d’azienda e Germano ex bancario, una assistente sociale la sig.ra Giovanna ed infine la contessa Ida. Tutti sottoscrissero l’atto costitutivo, che all’articolo quattro dello statuto recita:

La Fondazione San Matteo è costituita ed agirà in conformità con l’insegnamento della Chiesa cattolica:

– per il soccorso a chi è vittima di usura

– per la valorizzazione dell’esperienza di soccorso in funzione preventiva ed educativa ai fini della promozione di una amministrazione dei beni moralmente ed economicamente corretta.”

La Fondazione, per poter svolgere la sua attività e come previsto dalla normativa vigente, ebbe poi il riconoscimento, quale persona giuridica privata, dalla Regione Piemonte con delibera del trenta novembre 1994 al numero 422 – 41291. La Regione approvò contemporaneamente anche lo Statuto della Fondazione e l’autorizzazione ad operare su tutto il territorio piemontese.

Fu inoltre costituito il Collegio dei Revisori dei Conti e come Presidente venne nominato il dott. Sergio, noto commercialista di Torino, in attività da oltre quarant’anni, poi il dott. Giulio, successivamente sostituito dal dott. Marco, allorquando uscì dal Consiglio di Amministrazione ed infine come terzo Revisore don Giovanni, economo della Curia di Torino.

La San Matteo venne inoltre registrata nell’elenco delle fondazioni antiusura del Ministero del Tesoro, ex art. 15-comma 2, Legge n.  108 del 07/03/1996, al numero 14/108/1scr., e successivamente nel Registro della Prefettura di Torino ‘Organizzazioni con finalità di assistenza’ art. 13 comma 2, Legge n. 44, del 22/ 02/1999, al numero 1.

 

I primi passi.

Si comincia, tutto è da inventare. Bisogna trovare innanzitutto una sede, anche provvisoria. Venne scelto un modestissimo locale: un piccolo corridoio che separa due piccole stanze al piano terra in un vicolo perpendicolare alla Via XX Settembre in Torino, nell’edificio della storica sede dell’immenso Seminario Maggiore di Torino. Una sola linea telefonica a disposizione. Neanche una macchina da scrivere, due piccole scrivanie e quattro sedie. Qualche cartellina azzurra, una risma di fogli bianchi da riempire con dati e notizie e qualche matita. E a questo punto che fare?

Eravamo in tre a condurre i primi ascolti: la signora Giovanna, un volontario che ha quasi subito gettato la spugna a causa dello stress conseguente alle tristissime vicende ascoltate ed il terzo, chi racconta questa breve storia, Germano pensionato ex bancario con quarant’anni di servizio, sempre in strutture a diretto contatto con il pubblico.

Quante cose dovevano essere costruite. I rapporti con le banche, supporto importantissimo ed indispensabile per poter giungere alla fase finale dei nostri interventi: l’erogazione dei finanziamenti, e poi ancora i contatti con i creditori degli assistiti, le proposte di transazioni, la modulistica interna, quella per i rapporti con le banche, la creazione, anche se modesta, di una efficiente struttura contabile ed amministrativa per consentire di responsabilmente gestire tutti gli aspetti di buon governo relativi alle diverse fasi degli ascolti.

Iniziammo con contattare gli istituti di credito. Ci accordammo con le due principali aziende della città, SANPAOLO e CASSA DEL RISPARMIO di TORINO, per la eventuale ed augurabile stipula delle convenzioni necessarie per poter operare. Si dichiararono disponibili a collaborare. Bisognava inoltre provvedere al deposito presso uno dei due Istituti di Credito della somma costituita come patrimonio, che ammontava a lire 127.400.000, versata all’atto della nascita della fondazione. Fu scelto il Sanpaolo. La stessa banca attraverso la Compagnia di San Paolo ci gratificò poi di un contributo di cento milioni di lire, la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino successivamente di duecento milioni. Erano i primi passi. I contributi furono depositati rispettivamente presso i due Istituti di Credito, a garanzia dei futuri finanziamenti da erogarsi a favore dei nostri assistiti.

Nel frattempo gli ascolti effettuati aumentavano di numero, dopo un paio di settimane risultarono oltre una ventina. I locali dove operavamo non erano  però adatti allo scopo. Disponevamo di una sola linea telefonica, non avevamo una macchina da scrivere, non una calcolatrice, impensabile la presenza di un personal computer. Serviva la modulistica, quella relativa alla memorizzazione di quanto dichiarato dagli assistiti: una traccia che consentisse di raccogliere una serie di dati relativamente alla posizione anagrafica, alla composizione del nucleo famigliare, alla situazione lavorativa dei membri della famiglia, al reddito del nucleo famigliare ed infine alla genesi della situazione del debito e di disagio finanziario dei richiedenti. Il tutto per consentire una approfondita e seria istruttoria, tale da evitare eventuali eccezioni da parte degli Istituti di Credito convenzionati, ai quali compete l’esame finale delle erogazioni.

 

Alla ricerca di nuovi locali.

Trattammo con gli uffici della Caritas Diocesana per ottenere una sistemazione maggiormente operativa. Ci ospitarono, forse a malincuore, nei loro uffici. Non era la soluzione ottimale, ma lì avevamo a disposizione una macchina da scrivere, un paio di linee telefoniche, anche se in uso comune, ed infine la preziosa collaborazione degli amici della Caritas, Pier Luigi e Maria Teresa, che ci consentirono l’uso, anche se a richiesta, dei loro computer. Eravamo parzialmente soddisfatti, potevamo finalmente iniziare ad istruire le pratiche e a tenere i primi contatti con le controparti dei nostri assistiti allo scopo di concordare con loro le eventuali transazioni e fermare le eventuali azioni legali già attivate.

Intanto quanto intrapreso per ottenere la stipula delle convenzioni portava i primi frutti. La prima venne firmata con il Sanpaolo. Si comportarono con spirito di ampia collaborazione. Il testo che ci accingemmo a firmare era ridotto all’essenziale, condensato in un paio di pagine e consentiva quella operatività desiderata. Ci impressionò l’articolo che prevedeva il limite di utilizzo del moltiplicatore. Il Sanpaolo aveva applicato lo stesso moltiplicatore che normalmente le banche utilizzano per i Consorzi Collettivi Garanzia Fidi: rapporto di uno a dieci. Noi prudentemente, nella prima riunione del Consiglio Direttivo (successivamente si passò alla denominazione di Consiglio di Amministrazione) deliberammo di utilizzare un moltiplicatore più consono alla nostra attività e meno rischioso per le sorti dei nostri fondi di garanzia, lo limitammo a: uno a due e mezzo. Le caratteristiche delle pratiche che avremmo nel tempo analizzato non ci consentivano di allargare al limite offerto la nostra fascia di rischio. Desideravamo certamente avere, per la nostra operatività, la possibilità di supero della quota certa e reale offerta in garanzia agli Istituti di Credito, anche se a posteriori dobbiamo evidenziare come nel tempo non sia mai stato utilizzato lo strumento del moltiplicatore, ma criteri di prudenza ci suggerirono allora di mantenere l’esposizione dei finanziamenti entro una misura tale da non esporci a rischi eccessivi …

Dopo aver firmato quelle con il Sanpaolo, ci attivammo per definire la stipula anche con la Cassa di Risparmio di Torino. Portammo la copia del Sanpaolo, e con l’innesto di lievi modifiche, il testo venne velocemente approvato e firmato. Gli Istituti di Credito convenzionati, a seguito di una nostra formale richiesta, destinarono un loro impiegato per gestire l’operatività che stava nascendo: a tempo pieno il Sanpaolo e part time la CRT. Venne anche definito il testo della garanzia che avremmo dovuto rilasciare a fronte di ogni erogazione. Un testo semplice, condensato in pochissime righe. Era l’avvio ufficiale della nostra operatività.

 

I preziosi volontari.

Il numero dei volontari era nel frattempo aumentato, erano arrivati Angelo ex dirigente Mediocredito. Giulia giovane laureata di buona volontà, Piero ex funzionario Banco Ambrosiano, Lorenzo come Piero, Giuseppe ex dirigente Sanpaolo, Osvaldo ex direttore Filiali Sanpaolo, Giuseppina ex responsabile bilanci Mediocredito, Enrica, Giovanni il professore e Giovanni detto Edoardo ex funzionario Sanpaolo, Nivio ex servizio legale Sanpaolo, Gianni ex bancario e Silvana che in servizio, era stata la prima impiegata dedicata da Cassa Risparmio di Torino a seguire, fin dall’inizio, la nostra operatività, e Giancarlo ex dirigente Provincia di Torino. Ci potevamo a questo punto dedicare con maggior impegno e serenità alla istruttoria delle pratiche, dopo aver ovviamente svolto tutti quegli adempimenti formali e di sostanza per la loro definizione e per il loro inoltro alle banche. Fra gli altri anche quelli relativi agli accordi con i creditori per eventuali possibili transazioni sull’importo del debito ed aver infine accertato che l’importo delle rate da corrispondere nel tempo come da piano di ammortamento, fosse compatibile con le entrate mensili dei nostri assistiti. Il Sanpaolo e la CRT avrebbero a loro volta svolto delle brevissime istruttorie.

Eravamo inoltre felicemente riusciti a superare quegli ostacoli che normalmente impediscono agli Istituti di Credito di erogare finanziamenti, per la presenza di note negative: come protesti, decreti ingiuntivi, pignoramenti. Ci aiutò in questo, l’intervento dell’allora Capo del Servizio Ispettorato di una delle due banche convenzionate, amico ed ex collega di Germano. Una sua nota interna, sollevava da eventuali accertamenti e responsabilità chi, istruendo le pratiche, accertava la presenza di note negative, e lo autorizzava nel contempo – salvo altri impedimenti – a procedere alla erogazione. Era un passo importante per la nostra operatività. La quasi totalità dei nostri assistiti era potenzialmente gravata da situazioni negative e la possibilità di superare l’ostacolo agevolava il nostro operare. Le banche non correvano ovviamente grandi rischi, tutte le operazioni di finanziamento erano totalmente coperte da garanzia reale e pertanto in caso di insolvenza l’Istituto di Credito erogatore del credito era certo di ricuperare quanto erogato.

C’eravamo nel frattempo posto il problema relativo alla gestione delle pratiche in sofferenza. Era possibile e giustificato per una fondazione che opera nel sociale, adottare misure di intervento coercitivo per il ricupero dei nostri crediti, oppure valutate le nostre caratteristiche, dovevamo soprassedere ad azioni legali ed accontentarci di solleciti amichevoli per il ricupero delle posizioni che fossero nel tempo cadute in sofferenza? Il tema venne a lungo dibattuto, ma poi, fatte tutte le dovute riflessioni si decise, non ultima considerazione quella relativa al nostro utilizzo di fondi dello Stato e per i quali, alla fine di ogni esercizio viene richiesta una dettagliata relazione, di optare per l’utilizzo, sia pure con molta cautela, dello strumento legale per l’eventuale ricupero delle sofferenze. Prendemmo pertanto contatto con un paio di studi legali, con i quali continua ancora oggi una preziosa collaborazione.

A questa decisione fece seguito la costituzione dell’Ufficio Ricupero Crediti, che decollò in forma molto artigianale, ma che successivamente venne ristrutturato per gestire con molta prudenza e senso di responsabilità il fenomeno delle insolvenze, anche e soprattutto per agevolare i nostri assistiti nei loro momenti di sopraggiunte nuove difficoltà, pervenute dopo il nostro intervento di soccorso. Per la gestione, all’inizio venne incaricato Giovanni il professore. Era all’oscuro di tutto quanto relativo all’amministrazione in generale. Aveva insegnato durante la sua attività lavorativa filosofia ed era stato poi Preside di un liceo, ma costretto ad operare in un campo non suo, attivò tutta la sua buona volontà, con l’aiuto di Germano incominciò a preparare le prime schede di evidenza, a fare le prime telefonate di sollecito ai nominativi morosi, e a gestire in modo razionale il nascente ufficio recupero crediti, che poi nel tempo fu necessario ampliare, con l’attiva partecipazione oggi, di oltre sei persone. L’ufficio ricupero crediti, così come oggi strutturato sotto la attenta guida di Carlo ed Osvaldo, ci consente di seguire l’evoluzione di tutte le pratiche ed in modo più specifico di quelle in sofferenza con oltre tre rate in mora, situazione che, come da convenzione, autorizza gli Istituti di Credito erogatori del finanziamento, a richiedere la copertura dell’intera posizione finanziata. Con il nostro intervento le posizioni vengono azzerate presso le banche creditrici, la fondazione si accolla il debito e concorda con i creditori un nuovo piano di ammortamento a rate più compatibili con i loro redditi. Otteniamo in tal modo due preziosi risultati, il primo quello importantissimo della salvaguardia dei fondi di garanzia mediante il ricupero del credito in sofferenza, il secondo di restituire ai debitori morosi la loro dignità, ponendoli nella condizione di rientrare in bonis, con il regolare pagamento delle quote a rimborso del debito.

 

L’emulazione.

 

Il trenta di luglio dell’anno 1996 il Consiglio Regionale del Piemonte deliberò la nascita dell’Osservatorio Regionale sul fenomeno usura, ovviamente sulla spinta della nostra presenza nella città di Torino, che aveva suscitato notevole interesse, attenzione e curiosità. L’Osservatorio, alla data della sua costituzione, aveva come partecipanti la nostra fondazione e la Consulta europea, con la possibilità di coinvolgere, tempo nel tempo, rappresentanti delle Procure, di Banche, delle Associazioni di categoria e dei Professionisti. L’Osservatorio ha tra i suoi fini istituzionali i temi della formazione e dell’informazione sulle tematiche connesse al fenomeno dell’usura ed alle norme di legge relative. Oggi i partecipanti ufficiali alle riunioni annuali dell’Osservatorio sono oltre una trentina.

Due preziose collaborazioni seguirono la nascita dell’Osservatorio. La prima quella della dottoressa Teresa Benvenuto, apprezzato magistrato della Procura di Torino, con specifico incarico per i reati di usura e di estorsione. Fu generosa nei nostri confronti con i suoi preziosi consigli e suggerimenti. La collaborazione non durò molto tempo, in quanto la dottoressa Benvenuto venne trasferita a Roma presso il Ministero della Giustizia. Lasciò quindi, con nostro disappunto, anche il suo ruolo presso l’Osservatorio. Perdemmo un’amica. Non ebbe molta fortuna, morì qualche anno dopo per un brutto male. La ricordiamo con affetto.

La seconda collaborazione con l’Osservatorio ed indirettamente con noi, è stata quella del dott. Antonio, dirigente bancario in quiescenza, che organizzò nell’arco di un paio di anni, diversi incontri e dibattiti a livello locale sul tema dell’usura e dell’estorsione. Scrisse anche alcuni opuscoli ed articoli sull’argomento.

Nello stesso anno vide la nascita nell’area torinese un’altra iniziativa finalizzata al tema usura. Nacque all’interno di un gruppo di pensionati bancari sotto la guida dell’amico Ezio e sponsorizzata dall’allora Presidente del Sanpaolo prof. Zandano. Si pose come obiettivo la creazione di un primo punto di riferimento della banca aperto a quanti, per motivi diversi, non riuscivano ad accedere alle ordinarie modalità di erogazione del credito. Operò per qualche tempo con discreti risultati, ma poi così come era nata, cessò la sua attività.

Sempre nello stesso anno vennero poste le basi per un’altra iniziativa parallela alla nostra. La Fondazione Cassa Risparmio di Torino, animata dalla allora Vice Presidente professoressa Greguol, si attivò per creare una fondazione antiusura con operatività su tutto il territorio regionale. Prestammo con entusiasmo la nostra collaborazione in numerosi incontri e colloqui di persona e telefonici. Oggi a distanza di circa vent’anni la fondazione antiusura C.R.T. è attiva ed opera con ottimi risultati sotto il nome di “La Scialuppa” ed ha la propria sede operativa e legale presso il palazzo degli uffici della banca di via Nizza a Torino.  Con la Scialuppa, allorquando l’importo richiesto supera i parametri della nostra capacità operativa, collaboriamo per erogare finanziamenti “in pool”.

Nacque nello stesso anno un’altra iniziativa, non nella nostra città, ma a Genova. L’amico e collega Alberto con il sostegno della Curia genovese dette avvio a una Fondazione che prese il nome di “Santa Maria del Soccorso”. Anche in questo caso ci adoperammo per fornire agli amici di Genova consulenza ed informazioni su quanto noi avevamo già potuto sperimentare. Abbiamo sovente degli scambi di notizie e di informazioni.

 

Finalmente autonomi.

 

Nel frattempo proseguiva la nostra operatività e con caparbietà riuscimmo a trovare una nuova e più consona sistemazione. Un locale posto al terzo piano dello stabile ove ha sede la Caritas Diocesana, nel centro della città di Torino, a due passi dalla notissima piazza Castello. Sempre lo stesso stabile, ma non più in coabitazione con la Caritas… Avevamo finalmente a disposizione un locale funzionale al nostro operare, due stanze ed un ampio salone, dotato anche di due linee telefoniche autonome. Con l’inserimento di un paio di personal computer la sistemazione ci parve ottima… Potevamo finalmente sistemare le nostre scartoffie e disporre per una organizzazione del lavoro più funzionale. In una stanza prese posto la Segreteria, l’Ufficio Ricupero Crediti, appena costituito e si riuscì anche a sistemare la scrivania di chi si doveva occupare della gestione contabile amministrativa della fondazione. Nell’altra stanza alcune scrivanie per i Volontari e per il Vice Presidente. Nel salone si potevano effettuare uno o più colloqui contemporaneamente, cercando ovviamente di non creare disturbo a chi, un paio di sedie più in là, gestiva un altro ascolto, dialogando ovviamente a bassa voce. Il tavolo sul quale si lavorava era sufficientemente grande per permettere lo svolgimento degli ascolti multipli, con un accettabile rispetto della privacy. Nello stesso salone inoltre, una volta al mese, veniva convocata la periodica riunione del Consiglio Direttivo, diventato poi Consiglio di Amministrazione, per l’esame delle problematiche gestionali e per le delibere relative al rilascio delle nostre garanzie a favore delle banche convenzionate.

L’insediamento nei nuovi locali ci consentì di predisporre una gestione amministrativa più innovativa. Con l’apporto della collaborazione di Giuseppina e con l’acquisto di un programma contabile computerizzato e adatto alle nostre esigenze riuscimmo ad impostare una validissima e funzionale gestione degli adempimenti contabili ed amministrativi, tale da consentire a fine anno una rapida redazione del bilancio di esercizio.

Ci accorgemmo inoltre della necessità che gli sportelli della nostra Fondazione rimanessero aperti con un orario continuativo. I Volontari dedicavano parte del loro tempo in orari ben definiti, ma tale da non mantenere l’apertura degli uffici della Fondazione nell’arco dell’intera giornata. Fu presa allora dal Consiglio Direttivo la delibera per l’assunzione di una impiegata, ovviamente a libro paga, sacrificio economico notevole per le casse della Fondazione che non evidenziavano mai delle eccedenze.

Ci appoggiammo alla Pastorale del Lavoro degli uffici della Caritas Diocesana, che riuscirono a reperire la persona adatta: Daniela, laureata in lingue, con poca pratica di cose amministrative, ma dotata di buona volontà. I risultati furono positivi. Venne così definito un orario stabile di apertura dei nostri uffici al pubblico: tre ore al mattino e due ore al pomeriggio, per quattro giorni alla settimana, al venerdì solo al mattino. Potevamo in tal modo dare quella continuità alla operatività della Fondazione, cosa che esclusivamente con la collaborazione dei Volontari non era possibile. Un altro risultato era raggiunto. Fummo inoltre gratificati, per lo stipendio di Daniela, da una borsa lavoro della Caritas, durata otto mesi.

Con l’arrivo della nuova collaboratrice si cominciarono a realizzare quei programmi di gestione delle pratiche con criteri di sana e responsabile amministrazione, grazie anche all’acquisizione di un paio di personal computer. Venne creata una anagrafica dei richiedenti, un elenco delle pratiche positive, l’archivio di quelle non autorizzate, la predisposizione dei piani di ammortamento in collaborazione con le banche convenzionate, l’elenco delle posizioni in sofferenza…

 

La Legge 108/96.

 

Si era nel frattempo aperto, con il valido contributo della nascente Consulta Nazionale delle Fondazioni Antiusura di matrice ecclesiale con sede a Bari e sorta dell’anno 1995 per iniziativa di padre Rastrelli e con la fattiva collaborazione di Monsignor D’Urso, Presidente della stessa fondazione antiusura di Bari, un attivo dibattito su una proposta di legge che raggruppasse tutte le normative sul reato di usura. Della cosa si interessò fattivamente l’Avvocato Siliquini, senatrice della Repubblica in un collegio di Torino, ed in carica durante quella legislatura. La legge – 108/96 cosiddetta antiusura – è stata la prima normativa completa emanata in Italia, con specifico riferimento a tutti gli aspetti relativi al fenomeno usura. La stessa senatrice Siliquini fu poi la relatrice della legge, che venne approvata nell’anno 1996. Ricordiamo con gratitudine la preziosa collaborazione che la Senatrice Siliquini riservò, in quel periodo, alla nostra fondazione.

La legge 108/96 all’articolo 15, fra le altre disposizioni, prevede l’erogazione di fondi a favore delle fondazioni e di tutti gli enti “no profit” regolarmente iscritti nei registri antiusura del Ministero degli Interni, da destinarsi a esclusiva garanzia di interventi a prevenzione del fenomeno usura. I contributi di spettanza dei primi due anni, giunsero puntuali e di importo consistente, poi negli anni successivi le somme variarono a seconda delle disponibilità del bilancio dello Stato, e furono sempre rispettosi delle scadenze annuali, ad eccezione di un solo esercizio finanziario. Per queste nuove disponibilità di liquidità, da utilizzare a garanzia, firmammo sia con Intesa Sanpaolo che con Unicredit altre due nuove convenzioni, sulla falsariga di quelle già in essere.

La legge 108/96 dispone inoltre, all’articolo 14, la messa a disposizione di altri fondi, da destinarsi esclusivamente per l’erogazione di mutui a rimborso e a tasso zero, per l’estinzione di debiti contratti da soggetti vittime di accertato reato di usura, reato ovviamente da denunciare alla Autorità Giudiziaria. Mutui da erogarsi solo post fase di avvio del processo penale da parte del Tribunale competente per territorio, e la cui istruttoria risulta di esclusiva competenza delle prefetture, mentre la relativa delibera per l’erogazione è assunta da un apposito comitato con sede a Roma.

Nell’istruire le prime richieste di intervento, ci accorgemmo della necessità di avere un regolamento degli ascolti, vuoi per uso interno a disposizione dei nostri Volontari, ed inoltre per fornire ai nostri assistiti una traccia per agevolare le fasi dei colloqui. Furono presi spunti dallo Statuto, altri dalla Legge 108/96 ed infine dal regolamento di attuazione della Legge stessa, intercalando alcuni princìpi fondamentali di gestione, per un corretto e responsabile operare. Con queste innovazioni la nostra struttura si stava gradualmente consolidando e migliorando nel contempo la propria operatività.

Individuammo alcuni punti, per primi quelli che il Ministero aveva voluto inseriti nello Statuto della Fondazione, e poi altri come quello che non consente di effettuare interventi a sanatoria parziale, ma solo ed esclusivamente alla estinzione della totalità dei debiti, utilizzando ovviamente quando possibile lo strumento della transazione, che per chiarezza di linguaggio e per i non addetti ai lavori è da intendersi come riduzione in percentuali variabili, degli stessi debiti, e poi ancora il necessario intervento di tutto il nucleo famigliare nell’azione di salvataggio, ed infine il diverso atteggiamento da tenere nell’istruttoria delle richieste in presenza di usura, dove risulta sempre indispensabile, per consentire il nostro intervento, la denuncia all’Autorità Giudiziaria; interventi comunque, questi ultimi, da garantirsi esclusivamente con i fondi patrimoniali della Fondazione.

 

Il Consiglio di Amministrazione.

 

Il Consiglio Direttivo, poi trasformato in Consiglio di Amministrazione era ed è tuttora composto di cinque membri, con durata in carica triennale. Tutti i membri sono nominati, come da Statuto dall’Ordinario Diocesano. Per il primo incarico furono nominati dal Cardinale Giovanni Saldarini, e venne così formato: Presidente dott. Franco segretario generale della locale Camera di Commercio, Vice Presidente Germano, Consiglieri: don Sergio, dott. Marco e diacono Roberto. Durò in carica dall’anno 1994 sino all’anno 1999. Nello stesso anno venne assegnata a don Sergio la conduzione di una parrocchia posta alla estrema periferia est della città di Torino. Lasciò l’incarico di consigliere e a lui subentrò l’avvocato Piero, ex dirigente del settore legale di un importante Istituto di Credito, lo chiamammo Oreste, suo secondo nome, per non confonderlo con l’altro Piero già in fondazione come volontario.

Questa seconda composizione durò sino all’anno 2002, quando sentimmo forte la necessità di avere in Consiglio di Amministrazione una figura che rappresentasse la Chiesa Torinese, e potesse così collaborare con il suo contributo pastorale. L’allora Cardinale Poletto ci accontentò e destinò per l’incarico Monsignor Dario, già rettore del Santuario della Consolata in Torino ed in quel tempo responsabile della formazione dei giovani preti e ricercato predicatore, ovviamente con nostra grande soddisfazione. Fu sacrificata la figura del dott. Marco che abbandonò l’incarico con rammarico, pur continuando a collaborare fattivamente con la nostra Fondazione. Si continuò così sino al all’anno 2005 allorquando il dott. Franco lasciò l’incarico di Presidente e al suo posto venne nominato Germano. Come consigliere subentrò il volontario Osvaldo, continuando ad occuparsi della gestione delle posizioni in sofferenza, in stretta collaborazione con le banche convenzionate. L’avvocato Piero/Oreste assunse l’incarico di Vice Presidente.

Il Consiglio di Amministrazione si riunisce normalmente una volta al mese per esaminare le pratiche presentate dai Volontari, relatori delle istruttorie. Il dibattito è sempre molto vivace. E’ la ricerca del giusto ed equilibrato compromesso fra le ragioni di prudenza e di rispetto della salvaguardia del patrimonio della Fondazione e dei fondi di garanzia, con la necessità di fornire quanto utile per soccorrere chi sta chiedendo aiuto. Allorquando nel nucleo famigliare in esame si accerta la presenza di figli in tenera età, la tensione del dibattito sale, soprattutto nei casi di accertata morosità nel pagamento dei canoni di locazione e con la forte preoccupazione per l’incipiente attivazione della procedura di sfratto.

Ovviamente nel corso delle riunioni del Consiglio di Amministrazione vengono trattati altri argomenti relativi alla vita burocratica e gestionale della Fondazione. Fra gli altri ci sono gli aspetti relativi alle pratiche in sofferenza per le quali decidere se attivarsi per una eventuale procedura per rinegoziare il debito, oppure per il farsi carico del pagamento dell’intero residuo alla banca erogante e successivamente procedere con un nuovo piano di ammortamento, più accettabile per le entrate del debitore. Il Consiglio di Amministrazione approva inoltre entro il marzo successivo all’anno a cui si riferisce, il bilancio ed il conto economico della Fondazione.

Il numero dei Volontari nel frattempo era ancora aumentato erano giunti in aiuto: Carlo ex bancario, Libero ex bancario, Pier Giorgio, Emilio ex bancario, Ivano ex dirigente della Regione, Anna avvocato in azienda di credito, Luciana ex bancaria, Gian Carlo “secondo”, ex bancario. Le istruttorie intanto procedevano regolarmente, anche se quasi sempre di difficile soluzione. Anche gli Istituti di Credito convenzionati collaboravano con buona puntualità.

 

Le istruttorie.

 

Le istruttorie delle richieste di intervento, a soccorso di chi si rivolge alla nostra Fondazione, soffrono da sempre di tempistiche poco veloci. Le cause sono diverse: la complessità delle situazioni che ci vengono sottoposte, situazioni quasi sempre già deteriorate per il ritardo nell’assumere provvedimenti riparatori; la poca trasparenza da parte dei nostri assistiti nell’esporre la loro situazione, con racconti quasi sempre molto confusi, vuoi per la poca dimestichezza con gli aspetti finanziari, vuoi per lo stato di ansia e di preoccupazione e di tensione che il peso del debito crea quasi sempre, anche nei rapporti fra i membri del nucleo famigliare. Per chiarire certe situazioni dobbiamo spesso ricorrere a più incontri o a diversi contatti telefonici, allorquando l’assistito non risiede nella nostra città. Dobbiamo inoltre considerare la lentezza delle controparti creditrici nel rispondere alle nostre istanze, in primis per conoscere esattamente l’importo del residuo debito, aspetto che ci consente sin dai primi contatti di poter esprimere un giudizio sulla fattibilità o meno del nostro intervento, e poi successivamente per cercare un accordo su una possibile transazione a saldo e stralcio del debito. I tempi di attesa, per queste risposte sono sovente molto lunghi, in particolare se la controparte è una società finanziaria. Tempi più brevi, quanto la trattativa si svolge con creditori privati.

Anche i tempi per il primo ascolto sono piuttosto lenti. La Fondazione può oggi contare sulla collaborazione di trentacinque Volontari, tutti professionalmente preparati e dotati di tanta carità e amore verso il prossimo, pur tuttavia i tempi di attesa non tendono a diminuire. Ascoltiamo mediamente oltre cinquecento persone all’anno, senza contare i tanti contatti telefonici per suggerimenti e consulenze, che per scelta non registriamo. Mediamente vengono effettuati tre ascolti al giorno, considerate le giornate nelle quali gli uffici della Fondazione sono funzionanti: quattro giorni alla settimana per circa quarantasette settimane all’anno. Il nostro compito non è certamente quello di fare volumi, ma rimane sempre ed esclusivamente finalizzato nell’assistere e fornire aiuto a chi vive nella difficoltà e precarietà finanziarie.

Vorremmo riuscire a risolvere positivamente tutte le situazioni che ci vengono sottoposte. Ma purtroppo il forte desiderio di trovare per tutti una adeguata soluzione, non trova sovente la giusta risposta… I tentativi per la ricerca di soluzioni – le più azzardate –  in moltissimi casi non sono bastevoli per risolvere e trovare il giusto rimedio al disagio che ci viene sottoposto. La percentuale di casi risolti, che sovente tornano ad aggravarsi post erogazione, non supera il venticinque per cento, conteggiato sui casi esaminati. Su oltre diecimila ascolti effettuati dai nostri Volontari, dall’inizio dell’attività, i casi risolti sono poco più di duemila, per una erogazione complessiva di oltre ventidue milioni di euro, per una media di diecimila euro per finanziamento, media che spazia da interventi da cinquemila ai trentamila euro. Importi che riusciamo a superare allorquando si interviene in pool con la Fondazione “La Scialuppa” della Cassa Risparmio di Torino, ora Unicredit Banca.

Post istruttoria e dopo la delibera del Consiglio di Amministrazione, che autorizza il rilascio della nostra garanzia, la documentazione viene inoltrata ad una delle banche convenzionate per l’erogazione del finanziamento, ultima fase del processo finalizzato a sanare i debiti dei nostri assistiti. Il momento dell’erogazione viene concordato con la banca e con l’assistito ed avviene sempre alla presenza del nostro Volontario che ha seguito l’istruttoria sin dal primo ascolto. La nostra partecipazione all’atto dell’erogazione si rende necessaria per registrare l’esatta destinazione delle somme finanziate, che devono essere esclusivamente utilizzate per l’estinzione dei debiti. Questo per evitare, con la sola presenza dell’assistito, eventuali distrazioni sull’uso delle somme erogate.

 

Istituto delle Rosine.

 

I Volontari erano ancora aumentati di numero, erano giunti Rosa ex giudice di pace, Francesco ex bancario, Carlo Mario ex bancario, che ora siede nel Consiglio di Amministrazione al posto di Osvaldo che, per ragioni di famiglia, ha lasciato il suo incarico di Consigliere, pur continuando a collaborare per la gestione delle sofferenze. E poi ancora altri arrivi: Doris ex bancaria, Carlo ex dirigente legale, Giuliana ex giudice di pace, Carlo Alberto ex dirigente industriale, Elena ex servizio legale bancaria, Massimo ex servizio legale bancario, Franco ex bancario, Patrizia ex avvocato non più in attività.

Eravamo agli inizi degli anni 2003 e cominciammo ad avvertire delle difficoltà per lo spazio a nostra disposizione. Era diventato assolutamente indispensabile trovare una nuova sistemazione. Non si poteva continuare ad effettuare gli ascolti su un unico tavolo, anche se di notevoli dimensioni. Ci rivolgemmo per un aiuto a Sua Eccellenza Monsignor Fiandino Vescovo ausiliare, parroco per sua espressa volontà della parrocchia Beata Vergine delle Grazie, situata in uno dei quartieri più belli ed eleganti di Torino: “La Crocetta”, dove è anche ubicato il Politecnico di Torino. Monsignor Fiandino, era allora Consigliere di Amministrazione dell’ ”Istituto delle Rosine”, vecchissima istituzione con motivazioni sociali e di carità, situata nella via omonima di Torino, al civico numero nove. Venne fondata nell’anno del Signore 1744 da una certa Rosa Govone in Mondovì, provincia di Cuneo. La Rosa Govone nata nell’anno 1715, fece voto per dedicare tutta la sua vita alle giovani in difficoltà e, come recita l’atto costitutivo, per “promuovere l’auto sufficienza delle donne mediante il lavoro e l’istruzione”. Il suo motto dice: “labores manum tuarum manducabis”. Qualche anno dopo la sua fondazione l’Istituto delle Rosine venne per volontà del Re Carlo Alberto trasferito a Torino nell’attuale sede. L’Istituto è gestito da laiche “non siamo suore ma ne condividiamo lo spirito”, ed è riconosciuto dalla chiesa locale.

Occupa un vasto edificio che si affaccia oltre che sulla via omonima, su altre due vie. Occupa quasi completamente un quadrilatero della vecchia Torino, nelle vicinanze del fiume Po. Al suo interno vi è anche una bellissima chiesa e l’edificio ha nel suo cortile un bellissimo piccolo parco. Ci venne offerto in locazione un locale di oltre duecento metri quadrati al quarto piano ed in fase di ristrutturazione. Ci fu inoltre consentito di condurre la ristrutturazione secondo le nostre necessità. Abbiamo così oggi a disposizione un ampio salone per le riunioni del Consiglio, una sala molto grande per l’Ufficio ricupero crediti e per chi gestisce l’amministrazione. L’ingresso dà direttamente accesso alla Segreteria. Vi sono poi utilissimi, quattro locali per gli ascolti, che consentono il pieno rispetto della privacy. Un ulteriore locale con due scrivanie per il Presidente e il suo Vice. Tutte le scrivanie hanno inoltre un personal computer a disposizione. Per l’arredamento di tutti gli spazi abbiamo ottenuto dalla generosità della Compagnia di San Paolo, altra vecchissima istituzione della città di Torino nata nell’anno 1563, un contributo a fondo perduto, che ci ha consentito di coprire tutti i costi. Abbiamo finalmente una sede dignitosa e consona alla nostra operatività.

Sin dall’inizio della nostra attività, la disponibilità degli Istituti di Credito convenzionati si è sempre dimostrata a livelli ottimali, vuoi per la snellezza burocratica che per la velocità di erogazione dei finanziamenti, e tutto questo era per la nostra operatività una positività preziosa… Apprezzavamo e apprezziamo questo loro atteggiamento, convinti che senza la loro piena collaborazione non avremmo potuto svolgere il nostro compito di aiuto. Ma con il passare degli anni, anche a seguito di interventi normativi che imponevano maggiori controlli, con eccesso di obblighi burocratici nell’erogazione che all’inizio erano di un paio di giorni od al massimo di una settimana, sono successivamente aumentati sino a raggiungere ed a volte a superare il mese di attesa.

Dovevamo nostro malgrado accettare questa nuova impostazione che ci obbliga talvolta a trattative estenuanti con i creditori, i quali nell’accettare le nostre proposte di transazione sui loro crediti, impongono tempi di risposta che le lungaggini delle banche sovente non ci consentivano di rispettare. E’ il paradosso del vivere quotidiano: anche nello svolgere attività indirizzate al sociale e promosse da chi fa opera di volontariato, ci si deve scontrare con livelli di burocrazia inimmaginabile. Anche nella gestione di questi aspetti risulta comunque quasi sempre determinante il comportamento di chi, dall’altra parte, ti sta ad ascoltare. Il burocrate di professione ti blocca, chi invece, non soffre di questa sindrome, ti dà una mano e ti aiuta a risolvere il problema.

Nel frattempo il livello di automazione delle nostre procedure aumentava di qualità. Il prezioso contributo di un validissimo tecnico informatico, Aldo, ci aveva consentito di raggiungere la piena informatizzazione di tutte le procedure operative. Tutta la modulistica che negli anni avevamo dovuto inventare e realizzare per le varie fasi degli ascolti, dell’istruttoria, per l’invio delle pratiche alle banche, per il rilascio delle garanzie, per la gestione dei piani di ammortamento, per le delibere del Consiglio e per la loro registrazione e quant’altro ancora, viene ora autonomamente gestita dal server centrale della nostra linea personal computer. Avevamo raggiunto un livello di professionalità operativa eccezionale. Eravamo diventati una boutique del soccorso verso chi si trova in situazioni di eccesso di debiti.

Col passare degli anni ci accorgemmo inoltre della necessità di dare maggior solidità alla nostra Segreteria. Gli adempimenti erano nel frattempo aumentati, anche per la lentezza degli Istituti di Credito e per la loro fiscalità nell’erogare il credito. Ma anche per altre incombenze rivelatesi necessarie nel corso dell’istruttoria, come le ricerche presso le banche dati per le posizioni incagliate, per accertare imposte non pagate ed in mora, idem per contributi previdenziali non versati.

Venne allora assunta dal Consiglio di Amministrazione la decisione per l’inserimento nella Segreteria di un nuovo elemento che potesse collaborare per la miglior gestione del nostro operare. Venne scelta Manuela, giovane trentenne che dimostrò sin da subito molto entusiasmo e tanta passione per il lavoro. Non era laureata ma aveva sostenuto diversi esami presso la facoltà di giurisprudenza ed aveva una buona competenza nell’utilizzo del personal computer. Avevamo fatto un ottimo acquisto. Il tempo part time per Manuela durò poco. Fu infatti Daniela, la segretaria che era con noi sin dai primissimi tempi dell’attività, che manifestò il desiderio di ridurre le sue prestazioni, orario ridotto e solo al mattino. Manuela passò al tempo pieno. Questa impostazione si rivelò positiva e con piena soddisfazione di tutti.

Nel frattempo avvertimmo che le condizioni economiche del nostro Paese in particolare, ma non solo del nostro, erano in fase di forte stagnazione. Non eravamo più tanto convinti che solo con una attenta e saggia amministrazione della propria finanza, sia i nuclei famigliari che le imprese, pur rispettando quei criteri di saggia gestione delle proprie risorse, fossero nelle condizioni di evitare crisi di liquidità improvvise e devastanti. Abbiamo sempre sostenuto che l’ingresso della moneta unica, nell’economia del nostro paese non fosse stato per noi un grosso vantaggio, anzi ritenevamo penalizzante per l’Italia l’adozione dell’Euro. L’equilibrio fra entrate fisse, come stipendi e salari, ed il costo della vita, che si era armonizzato nei tempi, raggiungendo una discreta tenuta, veniva aggredito e parzialmente distrutto. Vedevamo inoltre nell’incremento della dinamica burocratica un ulteriore peso, soprattutto per le attività imprenditoriali. La lentezza nel rispettare i tempi dei pagamenti da parte della amministrazione pubblica penalizzava inoltre fortemente tutte quelle aziende che avevano nello Stato l’unico od il maggiore dei loro clienti. Il carico fiscale tendeva ancora ad aumentare sino a limiti di sofferenza.

Tutte queste nuove situazioni portarono molte aziende a dirottare le loro operatività in paesi dove i carichi amministrativi e l’imposizione fiscale consentivano una maggior snellezza operativa, causando nel nostro paese un calo negli occupati, con tassi di disoccupazione saliti ormai a livelli di forte preoccupazione. Contemporaneamente molte piccole imprese artigiane, soffocate da tasse e burocrazia, chiudevano i battenti. Ovviamente una situazione non bella e positiva.

Lo abbiamo nel tempo accertato attraverso la maggior complessità dei casi da risolvere. Avvertivamo inoltre una certa propensione da parte dei debitori a non più preoccuparsi per il rispetto dei propri impegni finanziari e questo con grave pregiudizio della necessaria armonia della micro finanza e forse anche della macro. Nella nostra modesta opera di intervento, pur utile ed ampiamente riconosciuta come ambulatori di pronto soccorso, nulla ovviamente possiamo per risolvere problemi di spettanza della macro economia. Altri, a livelli più elevati, hanno il compito di risolvere, con adeguate misure di contenimento della crisi in atto, il ripristino degli equilibri economici e sociali ormai mancanti. Per quanto ci compete possiamo solo riconfermare il nostro impegno nella continuità di quanto sin qui fatto.

Decidemmo comunque nel frattempo di iniziare un nuovo rapporto di collaborazione con un nuovo Istituto di Credito: la “B. C. E. Banca di credito europea”, che fa parte dell’UBI. Prendemmo i primi accordi e nell’arco di un paio di mesi firmammo le due convenzioni, una per i fondi patrimoniali e l’altra per i fondi delle legge 108/96. L’apertura di un nuovo rapporto si era resa necessaria nel constatare che con una certa frequenza i rapporti di debito dei nostri assistiti erano in essere con entrambi gli Istituti di Credito prima convenzionati. Al verificarsi di questa situazione si rilevava impossibile la fase di erogazione, soprattutto se in presenza di crediti oggetto di transazione con le banche stesse. Dirottammo pertanto una certa quantità di titoli e di contanti per costituire, anche presso il nuovo Istituto di Credito, un fondo di garanzia adeguato. E cominciammo così questa nuova collaborazione.

Verso la fine dell’anno 2013 Monsignor Dario manifestò, anche per ragioni anagrafiche, l’intenzione di lasciare il suo incarico quale Consigliere di Amministrazione, ovviamente con nostro grande disappunto, ma comprendendone i motivi accettammo la sua decisione. Anche Germano allora Presidente, decise di lasciare l’incarico appena approvato il bilancio dell’esercizio 2013, che per Statuto deve essere effettuato entro il mese di marzo dell’anno successivo a quello di riferimento. Le dimissioni si sarebbero attivate entro la fine del mese di aprile 2014.

Ci attivammo presso la Curia torinese per trovare una soluzione adeguata che non fosse di pregiudizio alla continuazione dell’operatività della fondazione. Il Vicario generale, trovò in Arturo, avvocato in pensione e diacono permanente, la figura di chi avrebbe dovuto sostituire Monsignor Dario. Germano accettò di rimanere ancora per tre anni nel Consiglio di Amministrazione con l’incarico di Consigliere. Piero, detto Oreste, assunse l’incarico di Presidente ed il diacono Roberto quello di Vice Presidente. Il quadro si era ricomposto con piena soddisfazione di tutti. La “Fondazione San Matteo – Insieme contro l’Usura” nata vent’anni prima poteva così proseguire la sua missione di aiuto verso chi, per ragioni diverse, si trovava in precarie situazioni finanziarie, sempre e continuamente con l’aiuto del Santo Spirito e sotto l’alta protezione dell’eponimo San Matteo e della Beata Vergine Maria.

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